Inizialmente temevo un libro di una certa pesantezza, invece è scritto in maniera fluida e che, non so se è perché è una vicenda vera, mi ha fatto divorare i capitoli senza alcuni difficoltà. Le storie vere hanno sempre qualcosa di inquietante, perché il lieto fine nella realtà non esiste quasi mai. Più che altro credo che non possa esistere: la vita è tragica di suo, il nostro lavoro è quello di renderla il più possibile dignitosa. E senza stare troppo a pensarci, ma farlo e basta. Di questa storia (vera) l'insegnamento più grande è che non bisogna impazzire per nessun motivo. Non so se la pazzia di Adèle fosse degenerativa o se sono stati gli eventi a peggiorarla. E' nel secondo caso che faccio questo discorso, di resistere alla pazzia, che credo ognuno di noi ne abbia un po'. L'amore poi è una di quelle cose che ti possono far impazzire davvero e allora mi dico, facciamo un passo indietro. Prima la salute, poi l'amore. E' un discorso assurdo questo, ma è la verità, la sopravvivenza è anche questa. Per il resto, Victor Hugo non ne esce proprio pulito, sembra una persona arrogante e un po' priva di affetto, ma forse erano i tempi. Di lei invece, resta la sua voglia di indipendenza, di emancipazione, del vestirsi da uomo (cioè di rompere gli schemi imposti), la necessità di libertà senza dover dipendere da qualcosa e qualcuno. E' un insegnamento valido ancora oggi, pur essendo, ovviamente, cambiate moltissime cose ed io vivo in una epoca, in un posto, dopo tutto abbastanza libera per la condizione delle donne (ma non abbastanza nel resto del mondo!!!). Poi oltre alla realtà oggettiva, ce n'è una soggettiva che si può manipolare e sentirsi libere e indipendenti è soprattutto una questione personale, gli altri potrebbero non c'entrare granché.
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