domenica 12 dicembre 2010

DANCE DANCE DANCE ( Murakami, 1988)


La prima di copertina parla di "folgorante noir giapponese". Vada per il "folgorante", per il "giapponese", ma del "noir" non chisenefrega. Non che non sia interessante, è anzi ben costruito e con eleganza e abilità, ma, ironia della sorte, è la parte più debole di un libro che non ha nessuna debolezza. Questo libro è un libro di vita. Della mia e perciò non posso essere oggettiva. Nemmeno lo voglio essere. Il protagonista (di cui non so il nome e credo nemmeno venga mai nominato) parla in prima persona della sua crescita spirituale, ma anche questi ultimi termini sono riduttivi. E' il cammino verso l'interno e la comprensione del mondo. E' un uomo in cerca di risposte ed è attraverso il noir che probabilmente le troverà. A me mancano ancora pochi capitoli, ma scrivo ora perchè avverto che il distacco sarà molto difficile. Sono cresciuta e diventata adulta con questo libro. La sensazione di realismo magico (chi l'avrebbe mai detto che avrei utilizzato questo termine mentre ho fatto il giro del Giappone) che pervade tutta l'opera sembrava traboccare dalle pagine e raggiungermi in pieno nella vita realtà. Non sono sempre stata sicura che i suoi contatti (parola usata abbastanza spesso nel testo) si fermassero tra le righe del libro e che io non fossi direttamente coinvolta in questa ricerca spirituale. Forse questa è saggezza giapponese, chi lo sa. Ad ogni modo il protagonista è me, a cominciare dall'età. Spero di poter dedicare un post intero ricopiando tutte le citazioni al libro che mi hanno colpito maggiormente.
Qualche nota va anche alle varie donne e i pochi uomini del libro. Niente mi ha lasciato indifferente nella loro psicologia e per quanto riguarda Yuki, la mia vita privata si è sovrapposta a quella di questa ragazza. Non c'è stato nulla di questo libro che è andato perduto. Ho interiorizzato ogni cosa. E probabilmente tra dieci anni avrà ancora qualcosa da insegnarmi.
Non l'ho ancora finito, ma, ripeto, è per la sofferenza del distacco che scrivo. Non so come la mia vita possa continuare senza l'eredità che mi ha dato e continua ancora per poco a darmi.

Qualcosa di magico è legato anche a chi me lo ha prestato. Non faccio nomi, il nome stesso è avvolto in questa dimensione altra che ho vissuto e sto vivendo. Sapeva che mi avrebbe colpito, come lo sapesse è il mistero stesso che circonda il libro e forse la relazione che ho instaurato tramite esso con lei. Non so ancora dove finisca la realtà e dove l'immaginazione, ma dopo questa lettura che arriva all'interiorità, dovrei aver imparato a capire che la differenza è solo una percezione mentale.

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