domenica 17 luglio 2011

GLI AMANTI (VELATI) di MAGRITTE, 1928


E' la prima volta che mi prendo la briga di parlare di arte pittorica. Io poi non ho mai studiato storia dell'arte e sono anni luce lontana dall'idea di poter prendere da qualche nozione e farci un discorso mio. Quindi vado un po' alla cieca. Un po' come questi due amanti.

Qui, ripeto, non c'è nessuna pretesa, ma la necessità di descrivere lo stato d'animo che mi dà questa immagine, che ancora mi turba mentre la guardo. Le critiche lette in giro, mi pongono troppo distante dalla sensazione distruttiva che mi lascia e così, ho deciso di criticare da me quest'opera. Sperando di non tormentare Magritte nel suo sonno eterno.

Che sia surrealismo si capisce. Naturalmente io mi posso aiutare dal tema, di tecnica pittorica non ne capisco, anche se ad occhio e croce, i colori scelti qualcosa me la suggeriscono.

Surrealismo: è come per Bréton, basta far emergere l'inconscio, lasciarlo libero alle associazioni. Beh, questo quadro è decisamente surrealista, visto in questi termini. Il velo è l'inconscio che si spiega sui due volti. Sarà stato anche quello della madre morta suicida, ma è buona regola non confondere le opere con la biografia personale dell'autore. Ci ricavereste poco, tutti abbiamo un trauma ma non sia tutti pittori e non di certo di questo livello. Il velo è un simbolo, il ricaldo del dramma personale che si fa dramma di tutti, poteva essere qualsiasi altro oggetto, poiché la grandezza di Magritte sta nel averlo caricato di un significato onirico che trascende il suo punto di vista per diventare il nostro.

Ad ogni modo. Gli amanti si baciano o no? Per me, no. Gli amanti sono irrimediabilmente distanti nonostante le loro labbra siano seperate solo da un velo. Ma la realtà dell'incoscio ci dice che loro sono distanti, si sentono tali, non riescono a comunicare tranne che con il corpo e quello volendo è il modo più semplice per farlo. Non costa fatica, a parte un po' di sudore. Quante volte ci si è chiesti quanto facile sia possedere una persona, e quanto difficile il suo cuore?

E poi sono ciechi. Non avete mai baciato qualcosa pensando a tutt'altro in quel momento? A me sì, eppure non ho baciato così tanta gente, da non aver avuto il tempo di soffermarmi su quello che stavo facendo, dandogli almeno un valore, perchè magari poi dovevo fare la spesa o qualsiasi altra cosa.

Questa cecità mi fa pensare al desiderio di fuga "sì, sono qui, ma in fondo è come se non ci fossi". Un dolore atroce, essere così vicini ma così distanti.

La colpa però è di entrambi, questa è l'unica consolazione. Almeno, non c'è uno che tiene più all'altra e l'altro è l'illuso della situazione.

Però su tutti paga l'amore che diventa inconciabile con nostri bisogni primari. Amare è un'altra cosa, un concetto alto, non quotidiano. Il quotidiano è questa fuga, questa fretta.

Il tutto se la parola "gli amanti" indica due persone che si conoscono bene, che magari hanno una relazione lunga, sono marito e moglie e ora in questa veste sembrano due estranei.
Ma forse è un'interpretazione troppo moderna di questo quadro. Eppure la grandezza dello stesso sta anche nel saper durare nei secoli futuri, no?

Ma se il tutto non riguarda quel tipo di amanti, e se fossero "amanti" adulteri o costretti a nascondersi dagli occhi indiscreti degli altri? Se hanno necessità di salvare le apparenze, ma quello che li lega è in ogni caso molto forte?
E se il loro amore fosse così ostacolato da non potersi ricambiare quel bacio come si dovrebbe? Sarebbe questa un'intepretazione sicuramente più romantica che surrealista, ma sta di fatto che quel lenzuolo, in questo caso, ma anche nel solo salvare cinicamente le apparenze e le proprie identità private qui nascoste, è vicino ad un cappio, è il volto del boia che si confonde con le sue vittime, e mentre le strangola per ucciderli perchè hanno commesso un reato (il reato) diventa colpevole di aver giudicato, prima, e ostacolato, forse, poi. E' la loro morte in incognito, due essere senza nome e senza volto di una guerra senza senso.

E' sicuramente una morte interiore, la prigione dell'anima. L'impossibilità di comunicare stavolta col mondo esterno, che si diceva ha soltanto giudicato senza capire profondamente chi e cosa erano coinvolti.

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