lunedì 23 agosto 2010
DOPO LA TEMPESTA
Mi sembra essere stata in alto mare, di aver subito un naufragio, di aver sofferto dello scuotimento di onde violente, sballondandomi a più riprese senza appiglio, di aver attraversato una tempesta irreparabile, con una pioggia fitta sul mio corpo disarmato, di aver sentito l'acqua salata scendere per la mia gola e graffiare la mia voce, gettando dalle labbra spruzzi di veleno, per non affogare.
Poi tutto è cessato e sono tornata in superficie. C'è il sole a rischiarare i miei capelli umidi e a filtrare tra le mie ciglia. Sono ancora svenuta, cerco l'orientamento, mentre la vista è ancora sfocata. I vestiti sono bagnati e odorano di salsedine. Agito le braccia, posso ancora muovermi, nonostante i segnali chiari del mio stomaco e della fame.
Non so dove ritrovo la forza, mentre il coraggio di sopravvivere non è mai mancato. L'istinto di conservarmi altera la fiducia rendedomi incosciente: comincio a nuotare, convinta di farcela, mai creduto di saperlo fare così bene, ora che ci ho provato per davvero.
Il sole brucia sulla pelle salata, ma non mi fermo, continuo a guidare il corpo in un luogo dove trovare un riparo. Un attimo di pace.
Se tocco terra manderò un segno, un messaggio in una bottiglia, un fuoco che accende le mie speranze.
Il peggio è passato, c'è solo da ricostruire.
Eppure sono sempre un pirata, ho bisogno del mare. Devo solo cercare di non naufragare, non più almeno.
p.s. il disegno è di Vincenzo Riccardi, preso a prestito dai sui studi.
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