giovedì 19 luglio 2007

IO NON HO PAURA

(Manuale per comprendere lo spirito del popolo lucano)

E' un periodo, oserei dire, critico, ma probabilmente non basta. Sto cercando di reagione ad una serie di situazioni che non so se manderebbero in crisi altre persone, ma ad una come me ci riescono perfettamente. Per questo, nell'incertezza del mio futuro, abbandonata a me stessa nello spazio nel tentativo di riparare la mia astronave, sto cercando di occupare il tempo in stand-by in cui proprio non riesco a concentrarmi sulle cose da fare. Nonostante di cose da fare ce ne siano parecchie.

Ho rivisto "Io non ho paura" di Salvadores. Il film, per chi non lo sapesse, è ambientato intorno a quel di Melfi, i quali abitanti si sentono nemici giurati dei potentini (e hanno le loro buone ragioni, come ce l'hanno i materani!).
Melfi è un posto storicamente ricchissimo e ha uno splendido castello federicano (tutte cose che Potenza si sogna) e trovandosi a 30 minuti da Foggia, ha una forte influenza pugliese, anche se conserva buona parte dei tratti lucani.

Il film di Salvatores è una manuale per capire cosa sono i lucani.

Intanto, la Lucania o la Basilicata (la prima ha un vago riferimento fascista, ma è solo un ricordo spento: la Lucania è la terra dei lucani, prima dell'arrivo dei Greci sulle coste metapontine) è una regione molto piccola, composta di 400.000 abitanti tutti più o meno arroccati su delle montagne, distanti uno dall'altro di un po' e questo po' fa si che non ci si ami per niente tra di noi.
Nella mia amata regione c'è di tutto, le montagne (tante, il Pollino) di cui sopra, i laghi naturali ( Monticchio), i castelli ( tanti, Lagopesole, Melfi, Venosa), il mare (Maratea o la costa ionica), insediamenti arabi (Rabatana di Tursi). C'è un po' di Gerusalemme (Matera) e un po' del suolo lunare (una zona che porta a Tursi) e la lista di cose strane è praticamente infinita, ma nessuno lo sa. Ed io penso sia meglio così.

Uso una metafora e faccio un paragone. La Toscana è una donna di facili costumi, si conosce bene e si vende altrettanto bene, ma poi quel che ti dà è solo un gioco, la Basilicata è una donna riservata, alle volte scontrosa, ma se insisti nel corteggiarla ha molte cose da darti, e sono tutte vere, con in più il piacere della conquista. La verità è che non è solo una metafora. Conosco le donne della mia regione, s'imbarazzano ancora se le guardate dritto negli occhi. Non è una cosa strana anche questa?

Torniamo al film. E' ambientato probabilmente a fine anni 70 e la cosa buffa è che quegli "ornamenti" li ricordo tutti ( se poi pensate che sono arrivata qui a 6 anni, vuol dire che non molto era cambiato!): le pentole, la 127, i vestiti dei ragazzi, il camion che vende le scarpe, il caldo delle strade, la magrezza dei bambini.

Il film è girato in italiano, naturalmente, con alcune piccole parti in dialetto. E' principalmente quello di Melfi, e i giovani attori (ragazzi della ex scuola media di mia cugina e ancora scuola di mia zia - anche lei prof di francese!) sono del posto e il loro accento è forte: dicono "chi séi?" e "chi sèi?" e il ripetersi in continuo ogni qual volta si nomini il protagonista "Michéle" la dice lunga della ripetizione di quell'accento.
Entusiamo, nel sentire quel suono che, molto diverso dal mio, mi ha riportato direttamente a casa mia. O meglio, quella di mia zia, ma va bè. E' riconoscibilissimo, in qualunque punto dell'Italia vi troviate. E' stato anche abbastanza strano comprendere tutte le frasi in dialetto, chiedendomi naturalmente come ci si potesse capire, visto che non è un dialetto rinomato.
Eppure io l'ho visto in "video conferenza" con una ragazza che sta imparando l'italiano e mi ha detto tra le righe "si capisce più del toscano...." ed io quasi le rispondevo "ah, ma quello non lo capisco nemmeno io!".

I campi di grano. Tanti campi di grano. La polvere, le biciclette, gli occhiali rotti da metterci lo scotch. Il bambino che racconta storie sotto le lenzuola con una torcia ed il bambino milanese nel buco della terra. Questo film mi rappresenta. Michéle è un testardo, ci crede davvero nell'amicizia, insiste nonostante i rifiuti. Filippo è mezzo stordito ( beh, se non gli danno nemmeno da mangiare) e non capisce i tentativi dell'altro. Michéle si arrabbia e fa la voce grossa, minacciandosene di andaresene. Non sta facendo una partaccia, sta solo dicendo "io faccio questo per te e tu mi rispondi nemmeno?". Passano mesi quando, dopo che Michéle ha dato un po' di libertà a Filippo, lo cerca, nonostante il divieto del padre. Il suo pensiero è tornato all'amico, probabilmente non l'ha mai abbandonato, nonostante il padre gli abbia detto di "dimenticare tutto". Nemmeno io ci sarei riuscita, lo ammetto. E poi lo va a salvare, liberandolo quando qualcuno (non dico molto!) hadeciso di ucciderlo. Filippo dice di non farcela a fuggire e anche qui Michéle fa la sua partaccia: GRIDA, lo sprona a muoversi, lo spinge, infine lo aiuta e lui rimane incastrato. Lui. Ho quasi l'impressione che Filippo non capisca perchè Michéle faccia tutto questo, ma nel finale il giovane milanese gli tende una mano, forse ha capito di aver trovato un amico. Infondo sono ragazzi di 5a elemantare e l'innocenza di fidarsi uno dell'altro ce l'hanno ancora. Basti pensare al tradimento di Salvatore che lascia i due, nemici a lungo, senza più parlarsi, a farvi capire quanto l'amicizia sia una cosa seria per un lucano. E se non capite, lui si arrabbia. Vi fa la partaccia.

Due parole sui grandi di questo film. Sono dapprima rassicuranti, genitori perfetti, poi tutte le sicurezze scompaiono, e non riescono più a dare le risposte ( il padre) e mostrano tutta la fragilità e l'isteria (madre) di una situazione che si sfascia sotto i propri occhi. I genitori lucani sono così. Te le nascondono le cose brutte, ma non perchè non puoi capire, ma perchè non vogliono distruggere la tua innocenza. Il mondo è brutto, ma non sanno come dirtelo, allora tacciono, come tutti i lucani fanno anche quando c'è da difendersi.

C'è una parte che mi ha commosso, di lacrime e di rabbia. La madre di Michéle (che è una splendida donna, ma non del posto, poichè il suo accento è riconoscibilissimo della zona campana, più che lucana, e per questo più simile al mio) scopre che il ragazzo sa tutto. Lo afferra con lacrime e pianto (sempre a mo' di partaccia) e gli dice: "Michèle te ne devi andare da qua! Te ne devi andare!" e il resto è intuibile: se te ne vai non ti dovrai sporcare anche tu! Se te ne vai, è per il tuo futuro, perchè qui il tuo futuro non esiste...

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Davvero è ambientato in Lucania? Pensa che io credovo fosse in Puglia! Bella la Basilicata: è da vedere.

Per quel poco che conosco i Lucani ho l'impressione (soprattutto da quelli più grandi d'età) che vi sia in loro una sorta di rassegnazione al destino e una convinzione che è impossibile opporvisi che va oltre quel lamentarsi che va tutto male e che non si può combattere lo status quo che abbiamo noi in Puglia. Mi sbaglio e ho visto qualcosa che non c'è?

Angelo

Daniela Zac ha detto...

"Per quel poco che conosco i Lucani ho l'impressione (soprattutto da quelli più grandi d'età) che vi sia in loro una sorta di rassegnazione al destino e una convinzione che è impossibile opporvisi(...)"

centrato. Questo è lo spirito lucano. Ed io c'ho scritto un post intero per dire la stessa cosa:p

Abigail ha detto...

è il karma, baby!!

...

adesso la dani mi spezza le braccine perchè nonostante tutto... non ho ancora capito niente!

^_________^

fede ha detto...

io l'avevo capito invece proprio riconoscendo l'accento di alcuni personaggi, eppure vengo dall'altra parte del mondo ;-p

della Basilicata continuo a pensare che sia la "regione invisibile d'italia"...

Anonimo ha detto...

Ma no! Non è la Basilicata ma il Molise la regione invisibile d'Italia!

E Leo Ortolani rafforza questa mia opione (vedi Ratmax :) )

Angelo

Abigail ha detto...

ma noooo!

non ho capito niente del karma, non dei lucani!

^____^

mannaggia, non mi esprimo più bene in italiano... com'è?
Sarà il caldo... °__°'

PS: dani scusa il post inutile...