domenica 7 settembre 2008

L'ODORE

C'è un senso che trascuriamo abbastanza, almeno rispetto agli altri esseri animali di questo pianeta. E' l'OLFATTO. Non ci aiuta a riconoscere qualcosa di cattivo da qualcosa di buono da mangiare, almeno fin quando non ci ficchiamo il naso dentro. Ed è comunque il gusto che mettiamo in atto in questi casi. Al buio è il tatto che ci aiuta ad orientarci. Per il resto a dominarci è la vista: se non vediamo non crediamo. Le viene in aiuto l'udito, quando lo sguardo non completa un'immagine.

Ma io sto pensando a Proust. No, non devo ritrovare nessun tempo perduto, non così lontano nei ricordi come lo è l'infanzia almeno.

L'odore di qualcosa mi rassicura. Forse come un bimbo con sua madre. L'odore di qualcosa che mi è caro. Anche stamattina.

Però torno un po' indietro lo stesso. Non posso che ricordare l'estate di due anni fa, alla maglietta con su scritto "Germany" mostrata orgogliosamente a me nonostante avesse vinto l'Italia. Avevo deciso di non festeggiare quella vittoria con i miei simili, ma di trascorrerlo con una amica, di quelle vere.
Ricordo che le disse sempre con il inglese fenomenale che volevo indossare quella maglietta. Nei miei modi bruschi italiani forse aveva capito che la volevo "per sempre". Io questo non so dirlo, mi disse solo qualcosa come " prima la lavo". Poi non se n'è parlato più. A ottobre dovevo operarmi e lei sapeva che non era facile per me. Mi spedì un pacco, è amabile così lei, cura i particolari che fanno la vita diversa, ma non pensavo di ritrovarmi quella maglietta. Quello che mi fece scoppiare in lacrime fu l'odore del detersivo, lo stesso che usava anche in quella città come nella sua (per fortuna le marche del detersivo sono sempre le stesse), l'odore del detersivo misto a quello della pelle. E' irriproducibile.
Le lacrime mi scesero senza pietà, però mi stavano dando tutta la forza per affrontare le mie fragilità di essere umano, di tutta la fragilità sempre troppa che c'è in me. E poi il coraggio lo trovo, questo lo so. Bastano piccole cose, come queste. Nello zainetto che avevo con me quel giorno dell'operazione c'era la maglietta e nonostante i miei attacchi di panico clinico (è incredibile quanto io abbia il sangue freddo davanti a cataclismi come terremoti così frequenti qui, mentre la gente urla, e quando invece il sottopormi ad un intervento possa mandarmi nel panico più assoluto) riuscii a superare il momento forse pensando che dall'altra parte dell'Europa qualcuno mi stava pensando (e forse stava anche pregando).

Tre giorni fa un "litigio", potrei chiamarla una discussione animata. Tra due persone ce n'è una forte e l'altra che accetta il compromesso di fare come vuole l'altra. Ragione o meno che abbia. Forse era una presa di posizione. Qualunque cosa fosse, dovevo andare in ospedale a ricominciare la mia solita terapia, cosciente che il panico è sempre lì in agguato. Il mio intento era solo rimandare il ricominciare a dopo l'esame. Almeno per stare più tranquilla. Secondo te non doveva nemmeno passarmi per il cervello: c'era di mezzo la mia salute, il superare le mie paure, per forza. La tua presa di posizione mi ha ferita così tanto (forse fregandosene di quali fossero le mie paure più profonde) che sentirmi codarda fino a quel punto proprio non riuscivo a mandarmela giù. Ho accettato il compromesso per orgoglio e per ragione, una contro di te, l'altra con.

Noi due dobbiamo sempre scontrarci, forse perchè alla fine siamo troppo uguali? Non lo so. Ed io devo cedere per forza perchè tu possa stare tranquilla? Non voglio saperlo. Spesso faccio come dici tu, senza riflettere.

Ho solo sentito le tue preghiere, durante quel momento. La prima mezz'ora avrei voluto essere sulla Luna, invece ero lì, imprigionata, cercavo di non pensare, di non alimentare quella paura, poi ad un tratto ho sentito la tensione venir meno e "la signora in giallo" alla tv, che mi ricorda te, il pranzo a casa tua e i legumi. Tuo padre. Tua madre in ogni foto che guida anche me da Lassù. Quando il pomeriggio sono venuta da te, ero forte abbastanza da dimostarti il mio coraggio della mattina, quasi a sfidarti, per poi dirti che avevi ragione tu, ce la potevo fare anche prima di un esame. Ti ho vista con una maglietta addosso. Mi è venuto spontaneo chiedertela. Alla fine mi hai dato l'altra, quella pulita ma identica, solo blu, col tuo nome sopra, le due maschere che si guardano. C'è anche la data da quando esiste la tua compagnia e che invertita nelle due ultime cifre è la nostra data di nascita. E dietro in rosso il nome della compagnia e "CAST". E poi c'è l'odore del detersivo. Irriproducibile, con la commistione della pelle. Mi fa ricordare che devo vincere le mie paure ancora e questa settimana. Mi fa pensare, senza grande sforzo mentale (perchè l'odore m'invade fin dentro le narici e arriva dappertutto anche a distanza), a quanto mi fai arrabbiare e, a quanto in fondo e in superficie, ci sei. Anche tu.

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